Oggi è il 25 aprile. Festa di tutti gli italiani, festa della libertà e della democrazia.

Libertà, democrazia, italiani: tre parole che sono patrimonio di tutti. Non ci si può dividere nemmeno su una di queste parole.

Sono fondative della nostra Repubblica e della nostra meravigliosa Costituzione,  sono soprattutto fondative della nostra possibilità di essere quello che siamo oggi: donne e uomini liberi.

 

Il 25 aprile 1945 con la libertà, ha regalato a tutti gli italiani la speranza nel futuro, dono prezioso, pagato con l’estremo sacrificio di migliaia di innocenti, ragazze e ragazzi, in molti casi giovanissimi, che hanno dedicato la loro esistenza per il nostro futuro.

 

Oggi abbiamo il diritto di pensarla diversamente, di esprimere le nostre opinioni liberamente.

 

Eppure c’è ancora chi ritiene questa data divisiva, chi vuole smarcarsi dal concetto alto dell’antifascismo

 

Onorevole Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri e Capo del Governo, oggi è il 25 Aprile, Festa della Liberazione, festa di tutti gli italiani.

Il 25 Aprile del 1945, finiva la guerra tragica e disastrosa voluta dal Fascismo, l’Italia conquistava Libertà, Democrazia e Dignità.

Iniziava un lungo periodo di pace che, per fortuna, dura tuttora.

Il 25 Aprile 1945 segna la fine del ventennio fascista, della dittatura, della brutalità di un regime illiberale e violento.

Ebbene sì, il 25 Aprile è  la Festa dell’Antifascismo, di quel movimento di popolo che si riunì nella Resistenza, nella lotta partigiana, uomini e donne di diverso pensiero politico, di credo religioso, di estrazione sociale, in un impulso fantastico di libertà.

Antifascismo, perché, gentile signora, fa tanta fatica a pronunciare questa parola?

Non ne condivide il senso?

Eppure è grazie alla vittoria dell’Antifascismo se lei oggi è al Governo dell’Italia, democraticamente eletta.

Perché se all’epoca avessero vinto quelle forze politiche da cui Lei proviene, sicuramente Lei governerebbe ma noi non ci saremmo.

Perché continua a disconoscere le colpe e le responsabilità del regime mussoliniano nelle tragedie della guerra, delle stragi di Marzabotto, di Stazzema, delle Fosse Ardeatine, perfino delle Foibe.

È a quel movimento ideale che fu la Resistenza che si deve la Costituzione, che come ebbe a dire Calamandrei, è stata scritta in montagna col sangue dei partigiani che lottarono per la libertà.

Ed è la stessa Costituzione sulla quale Lei e tutti i suoi Ministri avete giurato.

Onorevole Presidente, se ne faccia una ragione, l’Italia,e la sua Costituzione è Antifascista.

Come dicevo, Lei è stata democraticamente chiamata a governare questo Paese, anzi questa Nazione, come Lei ama chiamare l’Italia.

Ma governare non significa comandare.

Eppure da qualche tempo viviamo in un clima di contrapposizione permanente, sempre alla ricerca di un nemico, cosa ben diversa dall’avversario.

Sono ricomparsi i manganelli nelle manifestazioni studentesche e negli atenei, le censure nei confronti di giornalisti e intellettuali, molti Comuni retti da amministrazioni di centro destra negano all’ANPI le piazze, la RAI viene occupata in ogni possibile stanza da suoi fedelissimi.

Il suo governo ha intenzione di riformare la Magistratura con l’intento di sottometterla, di premiare chi è più ricco con vari benefici in danno alla parte debole della società, di modificare l’assetto istituzionale mediante il Premierato, esautorando il Parlamento e il Presidente della Repubblica.

Onorevole Meloni, noi comprendiamo, Lei è giovane e, di certo nessuno glielo ha detto, ma deve sapere una vola per tutte che il Fascismo è stato, è e sarà per sempre un crimine.

Deve sapere che essere afascista non è essere antifascista.

Poco fa, al termine del nostro corteo, siamo andati ad omaggiare Giacomo Matteotti, martire antifascista.

Tra un momento Le diremo chi è stato Giacomo Matteotti e perché lo ricordiamo.

Intanto la saluto

Viva l’Italia Antifascista. 

 

“Il monologo di Antonio Scurati sul 25 Aprile: ecco il testo censurato dalla Rai.

 

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.

 

Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

 

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.

 

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.

 

Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

 

Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?

 

Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

 

Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

 

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.